Donna Lee ed i rischi della guida semi-autonoma

Donna Lee stava provando un’auto a guida semi-autonoma con a fianco il rappresentante del concessionario che gli illustrava le caratteristiche della guida  di questa vettura. Arrivati in prossimità di un incrocio con il semaforo rosso dove erano già ferme alcune automobili, il rappresentante disse di non frenare in quanto la vettura avrebbe dovuto fermarsi da sola. La conseguenza fu un grave incidente che coinvolse molti veicoli con danni anche gravi alle persone. Questo è solo un esempio di quali sono i rischi che l’introduzione della guida semiautonoma sta generando in conseguenza della diversificazione delle caratteristiche e delle performance dei diversi sistemi adottati dalle case. Ogni casa automobilistica ha un sistema che fa qualcosa di diverso. Alcuni portano il veicolo a fermarsi. Alcuni rallentano il veicolo fino a circa il 6-7 kmh. Alcuni possono mantenere il veicolo nella corsia, altri emettono avvertimenti quando il veicolo è in procinto di lasciare la corsia, ma lasciano che il conducente agisca come meglio crede. Fino a quando la tecnologia non consentirà di avere dei veicoli con la guida completamente autonoma potranno esserci molti incidenti dovuti alla incomprensione delle effettive capacità del sistema adottato dai singoli costruttori.

Più facile usare l’auto elettrica

Tesla ha previsto di realizzare una rete di ricarica gratuita per tutti i suoi clienti che spazia dal Mediterraneo al nord della Norvegia. La distribuzione delle colonnine di ricarica del tipo Supercharger è tale che, con un minimo di programmazione del viaggio, consentirà di effettuare anche lunghe percorrenze con un costo zero delle ricariche.

Anche IKEA, sempre attenta all’ambiente, è attiva in questo settore. Infatti  è previsto che ogni negozio IKEA metta a disposizione due colonnine per la ricarica delle auto elettriche. A questo proposito il Sustainability manager di IKEA Italia Stefano Brown, ha dichiarato:

“La mobilità elettrica presenta grandi potenzialità in termini di riduzione dell’inquinamento sia atmosferico che acustico. Ecco perché crediamo in questo progetto e stiamo sperimentando varie tecnologie e soluzioni per offrire una possibilità in più ai nostri clienti di fare una scelta sostenibile. È un altro piccolo passo verso il nostro obiettivo di abbassare in modo consistente le emissioni di CO2. Non ci fermiamo qui: continueremo ad investire sulla sostenibilità nonostante la contingenza economica”.

Per raggiungere questo obiettivo IKEA ha firmato un protocollo d’intesa con Enel che consentirà l’installazione di due colonnine di ricarica nei suoi negozi in Italia.

All’inizio l’accordo si riferisce a diciotto dei venti punti vendita IKEA italiani  e sarà esteso a tutti i negozi italiani entro i primi mesi del 2017.

Questa iniziativa fa parte del programma di IKEA “People and Planet Positive” inteso a diminuire l’impatto sull’ambiente delle proprie attività.

La installazione delle colonnine da parte di Enel, che saranno di di tipo Pole Station, prevede che possano funzionare sia in modalità “slow” (3kW), che in modalità “quick” (22 kW) garantendo la compatibilità con gran parte dei veicoli elettrici. I clienti IKEA potranno lasciare la propria vettura in carica  che sarà gratuita per tutti i soci IKEA Family.

Auto elettriche e batteria a noleggio: motivazioni e vantaggi

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E’ stato da poco diffuso il listino della Citroen E-Mehari che verrà venduta al prezzo di 25.990 euro. L’auto, una cabrio 100% elettrica, vanta un’autonomia a zero emissioni di circa 200 chilometri su percorsi urbani e una velocità massima di 111 chilometri orari ed è in grado di accelerare da 0 a 50 km/h in 6,4 secondi.

La batteria al litio, dotata di una capacità di 30kWh, può essere ricaricata collegando l’auto a una comune presa elettrica e per un rifornimento al 100% della carica occorrono 13 ore. E’ possibile effettuare il rifornimento elettrico a una colonnina di ricarica da 16 A per accorciare i tempi di ricarica recuperando il 100% dell’autonomia dell’auto elettrica in circa 8 ore.

La batteria ai polimeri di litio/metallo prodotta dall’azienda Bolloré non è acquistata insieme all’auto ma gli acquirenti dovranno noleggiare la batteria presso la società Bluecar, pagando un canone mensile di 87 euro al mese. Il costo del noleggio comprende anche la manutenzione e il riciclo della batteria al litio a fine vita. Questa soluzione semplifica molto la vita del proprietario perché lo libera dalla preoccupazione della eventuale défaillance della batteria con i costi di sostituzione che sono estremamente elevati

Meglio trazione anteriore o posteriore?

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Meglio trazione anteriore o posteriore?

La nascita della Giulia Alfa Romeo a trazione posteriore ha fatto tornare in primo piano un argomento che aveva appassionato gli amanti dell’auto qualche tempo fa: il passaggio da parte dei produttori tedeschi di Elite dalla trazione posteriore a quella anteriore, su molti modelli ( tutti gli altri avevano ormai consolidata questa soluzione tecnica). Con lo spirito di esaminare tecnicamente i problemi tecnici e non da tifosi riportiamo questo articolo di Enrico De Vita, notissimo giornalista tecnico altamente qualificato, che inquadra il problema e che definisce in maniera semplice, comprensibile ed allo stesso tempo tecnicamente corretta i vantaggi e svantaggi delle due soluzioni.

Il dilemma è antico. È preferibile scegliere una vettura a trazione anteriore o posteriore? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’una e dell’altra soluzione?
Ecco la risposta | E. De Vita

 

Meglio davanti o dietro?

Dove lo metto il carro? Davanti o dietro ai buoi? Molti lettori, dopo aver letto le considerazioni tecniche che oggi rendono meno attraente la trazione integrale, mi hanno chiesto di fare un confronto a tutto campo fra trazione anteriore e trazione posteriore. Eccoli accontentati.

Ma prima di leggere fate un esperimento. Prendete un modellino di auto, anche senza sterzo ma con le quattro ruote che girano bene. Bloccate con un nastro adesivo le due ruote posteriori, poi mettetelo su un piano inclinato, in modo che scivoli in avanti. Secondo voi, con le ruote posteriori frenate, andrà diritto o storto? Nessuna delle due ipotesi, perché andrà subito in testa-coda. Provare per credere.

Tutti i discorsi che faremo discendono dalla spiegazione di questo fenomeno, apparentemente incomprensibile. Infatti, sembra logico ritenere che frenando dietro la macchina debba andare diritta, anche perché l’automobile, per i suoi primi 50 anni, aveva i freni solo posteriori. Allora spieghiamo il mistero dell’aderenza. Ѐ una forza a disposizione del pneumatico, parallela al terreno, e che vale una certa percentuale della forza verticale che grava sulla ruota (pesi, carichi aerodinamici e trasferimenti di carico dovuti ad accelerazioni, frenate e decelerazioni).

Questa forza che giace sul terreno è disponibile in tutte le direzioni, ma vale un po’di più in senso longitudinale, cioè nella direzione in cui si muove la ruota. Ciò significa che l’aderenza laterale (quella che consente di curvare e che assicura la tenuta di strada) è sempre un po’inferiore all’aderenza longitudinale (quella che consente di frenare e di accelerare).

Possiamo disegnarla come un’ellisse, centrata nell’area d’impronta del pneumatico, con l’asse maggiore nella direzione del moto. Il contorno dell’ellisse rappresenta il limite di aderenza, cioè il valore massimo che possiamo chiedere al contatto gomma-asfalto. Se superiamo questo valore l’aderenza crolla e la vettura sbanda.

Domanda importante

Cosa succede quando si impegnano contemporaneamente aderenza laterale e aderenza longitudinale (per esempio, quando si accelera – o si frena – in curva)? Avete presente il teorema di Pitagora? Applicatelo alle due forze che chiedete al pneumatico, come se fossero due cateti: ne ricaverete un’ipotenusa.

Bene questa è la forza risultante, cioè l’aderenza totale, che deve sempre rimanere all’interno dell’ellisse. E che spiega uno dei fenomeni principali da cui dipende la tenuta di strada: quando si impegna in una direzione tutta l’aderenza disponibile non c’è più… trippa per gatti. Alias, l’aderenza va a zero in tutte le altre direzioni. Ecco perché il modellino va in testa-coda: bloccando le ruote dietro, abbiamo imposto in partenza di superare il limite di aderenza, quindi l’aderenza laterale del retrotreno è pari a zero.

Perché, allora, fino agli anni Trenta si frenava solo dietro? Per tre motivi: le strade erano quasi tutte sterrate; il coefficiente di attrito molto basso (e frenare davanti significava inevitabilmente bloccare le ruote e andare dritti); la tecnica riteneva pericoloso e fonte di guasti un comando freno di tipo meccanico sulle ruote sterzanti. Solo dopo l’avvento dei freni idraulici e delle strade asfaltate si convinsero ad adottare i tamburi anteriori.

Quando si forza il ritmo al volante di una vettura a trazione posteriore si rischia di sovrasterzare

Perché si sbanda all’uscita della curva?

Ora siamo in grado di ragionare meglio. Per esempio, comprendiamo che per ottenere il massimo dai pneumatici (vale a dire per consumarli meno) sarebbe bene usare le ruote anteriori per sterzare e quelle posteriori per accelerare, come fanno le F 1. A questo punto siamo in grado di attribuire i compiti alle quattro ruote.

Dimentichiamo per un momento la trazione. Indiscutibilmente, alle anteriori va dato il compito (gravoso) di sterzare, cioè di appoggiarsi e di utilizzare l’aderenza laterale per deviare la vettura dalla traiettoria rettilinea e di forzarla a entrare in curva. Poi durante la curva chiediamo aderenza laterale sia alle ruote anteriori sia a quelle posteriori, che varia a seconda del raggio delle singole traiettorie.

Attenzione, all’uscita della curva raddrizziamo lo sterzo e annulliamo l’impiego di tale forza sulle ruote anteriori, ma contemporaneamente (e senza saperlo) chiediamo alle ruote posteriori di fornire un maggior appoggio, necessario per interrompere la curva e tornare in rettilineo. E se il grip non è sufficiente, la sbandata è garantita. Nella vita di un’auto, l’aderenza richiesta davanti è alquanto maggiore di quella esercitata dietro e provoca quindi un’usura più elevata sui pneumatici anteriori.

“Cosa succede nella trazione anteriore quando – percorrendo una curva – togliamo il gas o quando acceleriamo troppo?”

I freni anteriori sopportano l’80% dello sforzo

Poi, sempre alle ruote anteriori, chiediamo di frenare. Supponiamo che il carico verticale sia ripartito 50 davanti, 50 dietro. Appena tocchiamo i freni – poiché il baricentro non poggia sul terreno ma è a una certa altezza da terra – nascerà una coppia che tende a far abbassare il muso: si verifica, cioè, un trasferimento di carico verticale dal retrotreno all’avantreno.

Tale trasferimento aumenta quanto più efficace è l’azione frenante. Quindi i freni anteriori dovranno svolgere un compito molto più gravoso. Si calcola che oltre l’80% della forza frenante venga esercitata dai freni anteriori (per questo sono surdimensionati rispetto a quelli posteriori). E di conseguenza anche l’aderenza in frenata e l’usura del battistrada sono decisamente maggiori davanti.

Il comportamento “traditore” della trazione posteriore ha reso trionfante, dagli anni Sessanta in poi, quella anteriore

Ora inseriamo la trazione. Se è anteriore, provochiamo un ulteriore aggravio ai pneumatici davanti. Se è posteriore, invece, attribuiamo qualcosa da fare a due ruote che, per la verità, finora, non hanno faticato molto. In entrambi i casi osserviamo che oggi è più facile pattinare in accelerazione che in frenata; scopriamo così che l’aderenza necessaria a scaricare i cavalli del motore è tutt’altro che trascurabile. E può anche essere maggiore di quella richiesta in frenata: dipende tutto dalla potenza di cui disponiamo. Non per nulla, nella F 1, pur frenando con decelerazioni da 4 g, i battistrada posteriori sono ben più larghi di quelli anteriori.

Come in frenata, così in accelerazione si verifica un trasferimento di carico, ma questa volta in senso opposto, cioè parte del carico passa dall’avantreno al retrotreno, indipendentemente da dove è la trazione. Ma gli effetti sono diversi: se la trazione è anteriore, il muso si alza, il carico verticale diminuisce, e l’aderenza (che è sempre una percentuale di tale carico) tende a zero, finché le ruote pattinano: la spinta del motore si esaurisce prima del valore teorico a macchina ferma. Se invece la trazione è dietro, ogni accelerazione incrementa il carico verticale sulle ruote motrici, che possono spingere con maggior aderenza. E questo innesca un circolo virtuoso che consente di scaricare ancora più cavalli. E così via. Ecco perché – dal punto di vista della trazione e della potenza scaricabile – nel confronto davanti-dietro vince la trazione posteriore (superata, sotto questo aspetto, solo dalla trazione integrale).

“La sbandata è inevitabile, improvvisa, non correggibile con una manovra istintiva. I maghi del controsterzo ci riescono, ma sono pochi”

La trazione anteriore perdona gli errori

Ci sono però due importanti considerazioni da fare. Cosa succede nella trazione anteriore quando – percorrendo una curva – togliamo il gas o quando acceleriamo troppo? Se acceleriamo troppo e le ruote pattinano, vuol dire che abbiamo utilizzato tutta l’aderenza in senso longitudinale e abbiamo annullato l’aderenza laterale: la vettura interrompe la traiettoria curva e va dritta per la tangente.

Si dice che la vettura va in sottosterzo. Ma basta sollevare il piede ed ecco che le ruote riacquistano aderenza e tornano in curva. Non solo, ma essendo sterzate forniscono una spinta nella direzione della curva: in questo senso si dice che le trazioni anteriori sono più facili da guidare perché hanno un comportamento istintivo e si controllano solo con l’acceleratore, dosando la trazione e giocando sulla deriva dei pneumatici. E senza rischiare tradimenti e sbandate, perché le ruote posteriori – quelle che “gestiscono” il testa-coda – non sono sollecitate e hanno tutta l’aderenza disponibile sul terreno.

Le vetture a trazione posteriore sono ancora oggi preferite da chi cerca grande piacere di guida

Nel caso di trazione posteriore le cose cambiano. Se siamo in curva e applichiamo più coppia al retrotreno, avremo dapprima un maggior carico e maggior aderenza, ma se superiamo il limite (perché chiediamo contemporaneamente aderenza laterale e longitudinale) la prima forza che mancherà è l’appoggio laterale. E quando questo succede dietro, il testacoda è in vista. In una fase precedente, giocando la deriva dei pneumatici posteriori e dosando il gas con bravura, si può determinare un “sovrasterzo di potenza”, vale a dire un accenno di sbandata posteriore, che aiuta a chiudere la curva. Ma bisogna essere dei “manici”.

Quella posteriore tradisce, ma piace ai “manici”

Infine, il tradimento della trazione posteriore. Se percorriamo una curva al limite, per esempio sul bagnato, e togliamo gas a metà curva perché temiamo di non riuscire a finirla, succede che alleggeriamo il retrotreno, alias riduciamo l’aderenza dietro, mentre trasferiamo un po’ di carico davanti, incrementandone l’aderenza. Risultato: le ruote anteriori stringono maggiormente la curva e sollecitano ancora di più – lateralmente – i pneumatici posteriori. La sbandata è inevitabile, improvvisa, non correggibile con una manovra istintiva. I maghi del controsterzo ci riescono, ma sono pochi.Ѐ questo comportamento “traditore” della trazione posteriore – reso ancor più colpevole in qualche modello “tutto dietro” – unitamente all’indiscutibile minor costo produttivo della soluzione “tutto avanti”, che ha reso trionfante, dagli anni Sessanta in poi, la trazione anteriore.

VW Group emissions-rigging

L’imbroglio sulle emissioni del Gruppo VW

VW Group emissions-rigging

I funzionari statali degli Stati Uniti che si propongono di richiedere miliardi di dollari in seguito ai risultati della inchiesta sulla casa automobilistica per lo scandalo causato dall’inganno sulle emissioni diesel del gruppo Volkswagen, sostengono che questa attività è durata molto più a lungo di quanto l’azienda abbia riconosciuto.
I procuratori generali di New York, Maryland e Massachusetts hanno detto che dopo il primo caso conosciuto, nel 1999, di manipolazione dei motori diesel con il software per truccare le prove di emissione, VW ha trascorso gran parte del successivo decennio a perfezionare i suoi cosiddetti “defeat devices” ( dispositivi per ingannare) per l’uso in Europa e poi negli Stati Uniti,.
I procuratori generali hanno detto in cause legali e conferenze stampa che l’ex CEO di VW Martin Winterkorn e altri alti dirigenti aziendali hanno sviluppato sei generazioni di “defeat devices” per superare i test di controllo dell’inquinamento iniziati in Europa nel 2004.
Dal 2008, i  “defeat devices” di Volkswagen hanno raggiunto gli Stati Uniti dove alcuni “pezzi grossi” pianificavano di ingannare le autorità e nascondere la verità.
VW ha risposto alle nuove cause dicendo che sta collaborando con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, l’Environmental Protection Agency e l’Air Resources Board della California su una “risoluzione nazionale” di tutte le rimanenti questioni ambientali.
Jeannine Ginivan, una portavoce della casa automobilistica, ha detto in un comunicato “E’ deplorevole che alcuni Stati abbiano deciso di citare VW in giudizio per i crediti ambientali, nonostante la loro prima adesione a questo continuo processo di collaborazione federale”. Ha poi rifiutato di commentare le accuse che risalgono al 1999.
Il procuratore generale di New York, Eric Schneiderman, ha detto che le nuove accuse di imbrogli  su un periodo più lungo “rivelano una cultura profondamente radicata di arroganza aziendale, combinata con un disprezzo consapevole per lo stato di diritto e per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente”
Schneiderman ha detto “Questa copertura fu profonda, ampia e duratura. Si estendeva dagli ingegneri di prima linea a tutte le sedi periferiche … fino nella suite del CEO “, aggiungendo che “la cultura aziendale velenosa che ha prodotto questo tipo di frode deve essere fermata “.
Inoltre “Sanzioni sostanziali devono essere imposte alle società Volkswagen, al di sopra e al di là di quanto devono pagare per rimborsare interamente i consumatori americani”.
Secondo la denuncia di New York il successore di Winterkorn, Matthias Mueller, è venuto a conoscenza del “defeat devices” nel 2006, mentre era a capo progetto di gestione alla Audi.
Schneiderman ha detto ai giornalisti che Mueller “era stato messo a conoscenza di alcuni aspetti di questo problema” e che “lui era chiaramente coinvolto”. Un portavoce di VW in Germania ha definito le accuse circa Mueller “infondate”.
Audi e Porsche, così come le loro divisioni degli Stati Uniti, sono imputate nelle cause legali. Il procuratore generale Brian Frosh del Maryland detto che le sanzioni contro la società potrebbero consistere in centinaia di miliardi di dollari.
Michael Weinstein, un ex avvocato del Dipartimento di Giustizia, ha detto che è probabile che i procuratori federali stiano leggendo con attenzione i reclami degli stati.

“Dalle accuse, questa sembra essere una grande frode, profondamente fatta dalla società nei confronti del pubblico e il governo”, ha detto Weinstein. ” La denuncia di Schneiderman è diretta a molti dirigenti di alto rango e senior management, cosa che crea enormi problemi per loro e la società nel suo complesso.”
Gli sforzi di VW per eludere leggi di emissioni risale al 1999, quando la divisione Audi ha cercato di abbassare le emissioni di ossidi di azoto per essere in grado di vendere grandi auto di lusso con i  motori diesel a sei cilindri 3,0 litri, in Europa. Gli ingegneri Audi hanno sviluppato la tecnologia per eliminare il tradizionale, sgradevole battito dei motori diesel mediante iniezione di combustibile supplementare nel motore, ma che, secondo la denuncia, ha causato il superamento degli standard di emissioni del motore.
“Nel 1999, Audi ha utilizzato un impianto di manipolazione per risolvere il problema durante i test”, ha detto il procuratore a New York. La correzione utilizza un software che rileva quando è condotto il test – in base alla mancanza di movimento del volante – e regola l’iniezione del carburante.
Gli ingegneri VW, secondo le accuse dello stato, hanno deciso di adottare la tecnologia Audi per soddisfare le severe norme sulle emissioni degli Stati Uniti nel 2006. C’erano sei varianti del “defeat devices” installato da VW e Audi a partire dal 2008, secondo l’ufficio di Schneiderman, in seguito utilizzato da Porsche. VW, secondo la denuncia, ha utilizzato i dispositivi anche dopo che le autorità statunitensi hanno cominciato ad esaminare il software per determinare il suo scopo.

Quando le autorità hanno iniziato a fare domande, secondo le denunce di New York e Maryland, diversi dipendenti VW hanno distrutto prove incriminanti dopo che sono stati avvertiti da una soffiata di un avvocato di alto livello e poi hanno ripetutamente omesso di comunicare alle autorità la vera ragione per le discrepanze.
Winterkorn e l’ex capo globale del  marketing VW, Christian Klingler, sapevano dalla primavera del 2014 l’esistenza di “defeat devices” e “non hanno fatto nulla per impedire che sia Audi che Volkswagen ingannassero ripetutamente i controllori”.
Schneiderman ha detto che l’affermazione “pulito e verde” è stata al centro delle azioni del marketing ingannevole del Gruppo VW negli Stati Uniti, tra cui un annuncio al Super Bowl dove evidenziava la compatibilità ambientale dei suoi veicoli diesel in uno degli spot televisivi più seguiti negli Stati Uniti, ed ha definito la truffa “spaventosa”.

Nela conferenza stampa Schneiderman ha mostrato una e-mail interna a Mark Gillies, portavoce di VW negli Stati Uniti inviata da Oliver Schmidt, direttore dell’ufficio ambientale e di ingegneria di VW, nel mese di agosto del 2014: “[Audi] V-6 ha esattamente la stesso problema [come i diesel VW], ma non ancora noto. Essi non sono stati scoperti “.
“Queste azioni sottolineano come la cultura Volkswagen sia testarda e impenitente”.
In una e-mail  del 2014 trovata dagli investigatori di New York, Winterkorn dice a Frank Tuch, direttore della gestione della qualità VW Group, “Una spiegazione approfondita per le emissioni non può essere data alle autorità.”
VW ha ammesso nel mese di settembre di utilizzare i “defeat devices”, permettendo a quasi 600.000 veicoli negli Stati Uniti di essere utilizzati su strada mentre emettono fino a 40 volte più inquinanti rispetto a quanto consentito dalla legge.
VW il mese scorso ha accettato di pagare $ 15.3 miliardi di dollari per risolvere il contenzioso con gli Stati Uniti per le cause federali presentate da 44 Stati. La società è anche l’obiettivo di cause potenzialmente costose presentate negli Stati Uniti, in Germania e Corea del Sud.
VW ha detto che il software che disattiva i controlli dell’inquinamento è installato su più di 11 milioni di veicoli diesel venduti in tutto il mondo per marchi del gruppo.

Un ingegnere Volkswagen, James Robert Liang, si è dichiarato colpevole in un tribunale degli Stati Uniti per il suo ruolo nella gestione del software per le emissioni su motori diesel 2.0 litri venduti negli Stati Uniti. Questa è la prima accusa penale  del governo degli Stati Uniti a seguito dello scandalo VW.

Liang si è dichiarato colpevole di avere partecipato ad una cospirazione per defraudare gli Stati Uniti, commettere frodi e violare il Clean Air Act. Il Dipartimento di Giustizia ha detto in un comunicato che Liang ha accettato di collaborare con il governo nella sua indagine su VW. Questo potrebbe aumentare la pressione sui funzionari più importanti della casa automobilistica tedesca.
Liang “sta venendo qui a Detroit oggi di accettare la responsabilità delle sue azioni”, ha detto il suo avvocato, Daniel Nixon. “Lui è pieno di rimorsi.”
Secondo i documenti, Liang era nella squadra che ha sviluppato il 2.0 litri diesel al centro dello scandalo emissioni di VW. Liang, un VW dipendente dal 1983, ha iniziato a lavorare sul motore nel 2006, mentre era nel reparto di sviluppo del motore diesel presso la casa automobilistica della sede di Wolfsburg in Germania.
Liang e i collaboratori che lavoravano sul motore, presto si resero conto che non avrebbero superato i più severi limiti statunitensi sulle emissioni di ossidi di azoto che dovevano entrate in vigore nel 2007. Quindi Liang e i collaboratori hanno sviluppato ed installato il software “defeat device” per superare ingannevolmente le prove di emissione degli Stati Uniti. Il software riconosce quando un veicolo è in fase di test di laboratorio tenendo i limiti di ossido di azoto a livelli artificialmente bassi al fine di essere conformi alle norme statunitensi.
Liang è stato trasferito negli Stati Uniti nel 2008 per contribuire a lanciare il nuovo motore “diesel pulito” nel mercato statunitense ed è stato “leader di Diesel Compliance” durante il lavoro al centro di testing della società a Oxnard, in California.
VW è riuscita a nascondere che le emissioni di NOx su strada erano di gran lunga superiori ai livelli consentiti nei suoi motori diesel fino a marzo 2014, quando la West Virginia University ha pubblicato uno studio che dimostra  che le emissioni di NOx di tre diesels VW superano gli standard degli Stati Uniti in modo significativo.
I risultati hanno indotto i funzionari CARB e EPA a trovare la causa delle emissioni in eccesso e premere VW per avere spiegazioni. Liang e altri hanno tentato di addebitare le emissioni in eccesso a “problemi meccanici e tecnologici innocenti”, ben sapendo che il colpevole era il “defeat device”.